- Parrocchia di Meana -

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......un po' di storia

 
 

Nella bolla del vescovo torinese Cuniberto (anno 1065), vengono nominate due chiese, quella di Santa Maria e quella di San Costanzo.
Il vocabolo "ecclesia" nel documento cunibertino viene attribuito a molti edifici sacri che attualmente, come San Costanzo, sono semplici cappelle, ma che nel secolo XI dovevano svolgere un ruolo molto importante.
In questo periodo esistevano quindi nel territorio meanese due comunità cristiane: una, quella di Santa Maria, in regione Travot, che aveva giurisdizione nelle borgate sparse nella parte alta, l'altra, quella di San Costanzo, che in quei tempi non era affatto isolata come si trova ora, che estendeva la sua giurisdizione "parrocchiale" sul fondovalle.

Non conosciamo quando questa seconda parrocchia abbia cessato di esistere. Dai documenti che riguardano la parrocchia meanese, giunti fino a noi, e che non vanno oltre il secolo XVI, si parla di una sola parrocchia, quella di Santa Maria, senza che si faccia cenno a quella di San Costanzo. Quello che è certo, è che gli abitanti della bassa Meana, trasferitesi nelle borgate superiori, hanno trasmesso anche a questi meanesi la loro profonda devozione a San Costanzo, che è divenuto il santo con-patrono di tutta la comunità, anche quando tutti i meanesi erano diventati parrocchiani della chiesa di Santa Maria Assunta. È pertanto deducibile che la chiesa di San Costanzo sia stata, in assoluto, la più antica di tutto il territorio meanese e cioè sia stata la prima chiesa cristiana sorta dopo l'introduzione e conseguente espansione del cristianesimo in valle (terzo, quarto secolo).

Un altro elemento interessantissimo che ci fa capire quanto la storia di Meana sia storicamente antica e nel contempo avvincente è un rito il cui significato si perde nella notte dei millenni, quando le tribù celtiche praticavano i loro rituali guidati dai loro sacerdoti druidi. È il rito di far ballare i "branc" (i rami). Consiste nel procedere processionalmente con due grandi rami, di solito giovani conifere ornate da festoni floreali; i "branc" vengono solamente agitati, anticamente invece avveniva una vera danza rituale gratulatoria e propiziatoria. Era il culto della giovinezza, l'esaltazione della natura e nel contempo il ricorrente rinnovarsi della vita.


La  Festa  di  San  Costanzo
I meanesi perpetuano antiche tradizioni tramandate dai vecchi ai giovani e da questi praticate in feste e cerimonie di folklore locale: la più importante è sicuramente quella in onore del Santo Con-Patrono, San Costanzo.
La festa di San Costanzo, con-patrono di Meana, si celebra a settembre, durante la domenica più vicina al 18, giorno considerato anniversario del martirio del soldato tebeo.

La processione, che si snoda lungo le vie del paese fino alla cappella di San Costanzo, è uno dei momenti più solenni della festa.
Tutti i partecipanti sfilano secondo un ordine prestabilito:
apre il corteo la croce, seguita dalla banda, dalla cantoria, dalle donne, dalle autorità comunali accompagnati dal gonfalone del comune e dallo stendardo del santo, vengono poi il parroco e la statua di San Costanzo, portata a spalle da giovani meanesi, due bambini con il branchetto, le due priore con i rispettivi padri, i " branc" ed infine tutti gli altri fedeli.
La santa messa, alla quale segue la distribuzione del pane benedetto, viene celebrata nella cappella dedicata al santo; tale cappella è situata su un'altura circondata da vigne, sul territorio di Susa.

In occasione della festa l'abbigliamento delle "priore", giovani scelte appositamente per compiere particolari servizi previsti dal rituale inerente la festa, costituisce l'elemento più caratteristico: la cuffia, di tipo delfinatese, è leggera e di colore bianco; il collare è formato da un nastro di velluto cui è annodata una grossa croce d'oro lavorata a sbalzo; il vestito, di pregiatissima stoffa, con pizzi e ricami, è adornato da un foulard di seta e frangiato ricoperto da un ampio grembiule anch'esso di seta lavorato a broccatello. Probabilmente deriva da un modello francese del secolo XVII.

Elemento indispensabile della festa sono i "branc" costituiti da un'intelaiatura ricoperta di fiori, frutti, nastri ed altri ornamenti ("branc" in dialetto meanese significa "ramo". Anticamente infatti i branc erano formati da due giovani conifere, ornate di fiori, frutta e foglie.). La forma è affusolata e richiama un albero fiorito. L'interpretazione etnografica lo accosta alla tradizione dell'albero del maggio (simbolo della festa di primavera).
Il rito del ballo dei branc ha origine nella antiche credenze precristiane degli antenati che, con profondo senso di pietà religiosa, così celebravano il ricorrente rinnovarsi della vita. Oggi, nel pomeriggio di festa, sulla piazza della chiesa parrocchiale i "branc" vengono fatti agitare secondo un'antica danza propiziatoria di cui si è persa la memoria e che è da ricollegarsi ad antichissimi riti della fecondità della terra.

La festa ultimamente ha subito delle variazioni riguardanti la nomina delle priore, mentre invece un tempo le priore in carica, accompagnate dalla banda musicale, si recavano a casa delle ragazze prescelte per l'anno successivo per ufficializzare il passaggio di consegne che avveniva, fino a pochi anni fa, secondo un preciso rituale.


 

San Costanzo
martire della legione Tebana
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Secondo Eucherio di Lione, vescovo di Lione (c. 434 – 450), di origine gallica, venerato come santo dalla Chiesa cattolica, questa legione era composta interamente da cristiani e venne spostata da Tebe alla Gallia per assistere l'imperatore Massimiano. Quando Massimiano ordinò di reprimere alcuni galli cristiani la legione si rifiutò e venne decimata (venne ucciso un legionario su dieci). Seguirono altri ordini che la legione rifiutò ancora di eseguire, sotto l'incoraggiamento di San Maurizio che ne era il comandante; venne quindi ordinata una seconda decimazione ed infine l'intera legione venne sterminata (6600 uomini). Il luogo del massacro fu Agaunum oggi San Maurizio in Vallese, sede dell'omonima abbazia.



 
 
 
 
 
 

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